Cosa succede in una cabina di aereo durante decollo e atterraggio

Marco Di Leo
Marco Di Leo
Giornalista, viaggiatore e amante dello sport.

Noi di TravelMundi vi parliamo ogni giorno di viaggi, di quanto sia bello godersi una vacanza che sia sotto il caldo sole estivo o al riparo grazie al fresco della montagna. C’è però un dettaglio che noi, come molti altri, spesso trascuriamo. Stiamo parlando del dietro le quinte, di ciò che davvero vi permette di arrivare a destinazione. Per chi, insomma, ancora non lo avesse capito, stiamo parlando di come funziona un viaggio in aereo. Partiamo da un presupposto: ci sono due momenti critici nei voli, il decollo e l’atterraggio. E su questo, almeno, non ci sono dubbi.

Cabina di un aereo
Cabina di un aereo

Può cambiare infatti il modello di aereo, l’aeroporto di partenza e quello di destinazione, può cambiare anche il comandante. Quello che non cambia mai sono la procedura, le leggi fisiche e aerodinamiche che permettono a tutti i differenti tipi di aerei di volare. Ognuno di noi, almeno una volta nella vita, ha sognato di entrare all’interno delle cabine di pilotaggio, vere e proprie sale di comando piene di una grandissima varietà di tasti e comandi. Se quindi ancora vi chiedete come può volare un aereo, a che velocità deve decollare o comò deve atterrare, siete allora nel posto giusto.

Fase di decollo

Partiamo dall’inizio, dalla fase di decollo. In questo caso, è tutta una questione di velocità e di tempismo. Rispettando quanto previsto, l’aereo si alzerà in volo. E si divide in due fasi, come spiegato anche dal comandate dell’Atlantic Star Alliance Richard Brown. La prima fase è quella che inizia con il rilascio dei freni e termina con l’arrivo a circa 35 piedi dal suolo. La seconda, invece, è nota anche come traiettoria di decollo e va dai 35 piedi fino alla quota di crociera di ogni singolo aereo. Per poter far decollare correttamente un aereo, allora, bisogno dividere anche la velocità in tre differenti tipi. Andiamo a scoprirli insieme.

La prima velocità, nota come V1, è la velocità di decisione. Raggiunto questo livello, a prescindere da ogni tipo di avaria, la fase di decollo no può essere interrotta. Prima, invece, ovviamente il pilota ha modo e soprattutto spazio sufficiente in pista per poter interrompere il decollo in sicurezza. La seconda velocità, nota anche come VR, è la cosiddetta velocità di rotazione. È questa che, in fase di partenza, fa sì che il pilota possa portare l’aereo in posizione di decollo. La terza e ultima velocità, nota come V2, è la velocità di sicurezza al decollo. Questa, in poche parole, permette all’aereo di portarsi a quota di crociera una volta raggiunti i 35 piedi dal suolo. Ma qual è tutto il procedimento da rispettare per la partenza?

Ve lo spieghiamo subito. Per prima cosa, ovviamente, bisogna ottenere dalla torre di controllo l’autorizzazione per il decollo. A quel punto, diventa compito del primo ufficiale controllare tutta la strumentazione e assicurarsi che questa sia funzionante. Intanto, l’aereo inizia la sua fase di rullaggio in pista aumentando via via la velocità. A quel punto, infatti, c’è ancora la certezza di poter interrompere il decollo in caso di qualsiasi guasto o problema. Si arriva però, poi, al punto di raggiungere la velocità decisiva per il decollo. È compito ancora del primo ufficiale annunciare questo momento dicendo semplicemente V1. Una volta ricevuto i segnale, il pilota dell’aereo sa che a quel punto qualsiasi cosa accada dovrà decollare. Da quel momento, non resta che raggiungere la fase V2 e arrivare poi a destinazione.

È bene a questo punto specificare che tutte queste velocità non sono costanti per tutti gli aerei. Variano infatti da velivolo a velivolo e, per esempio, per quanto riguarda un classico Boeing 737 questa si attesta tra i 250 e i 290 chilometri orari. Ovviamente, se si ha a che fare con un aereo più leggero la velocità può essere anche inferiore, fino ad arrivare agli aerei ultraleggeri a cui bastano appena 50 chilometri orari. E invece la strada da percorrere? Anche in questo caso varia da aereo ad aereo. Per i più grandi e pesanti servirà circa un chilometro di pista, mentre per quelli più piccoli basta anche la metà fino ad arrivare agli ultraleggeri, a cui bastano appena cento metri. A questo punto, però, concentriamoci anche sull’atterraggio.

Atterraggio

Come per la fase di decollo, a prescindere dal tipo di aereo che si sta guidando la procedura non cambia. E, allora, andiamo a scoprire tutte le azioni svolte dal pilota in cabina per eseguire un atterraggio perfetto. Uno di quelli che, per intenderci, purtroppo ancora siamo portati ad applaudire. Per prima cosa, bisogna ridurre grazie ai flap la velocità di avvicinamenti. Poi bisogna estrarre il carrello e, a quel punto, attivare le luci di atterraggio.

Quando ci si trova a pochi metri da terra, il pilota deve a quel punto tirare verso di sé la cloche. Così facendo, l’aereo diventerà parallelo alla pista e potrà toccare delicatamente il suolo. A quel punto si aprono gli spoiler: così facendo si ridurrà la portanza delle ali e migliorerà la frenata. Fatto questo, ci sarà da invertire il flusso d’aria e quindi la spinta delle turbine e, rallentando, si azioneranno i freni dei carrelli.

Ma a che velocità atterra un aereo? Torniamo in questo caso al discorso di prima: per questioni di questo tipo, dipende dalla grandezza dell’aereo. Per intenderci, un Boeing 747 atterra ha una velocità di 240/260 chilometri orari, mentre invece gli aerei più piccoli si fermano a massimo 100 chilometri orari. E se le condizioni atmosferiche non aiutano? Domanda che probabilmente si sono posti in molto a cui proviamo a dare risposta. Una delle condizioni peggiori in cui un pilota si può trovare è quello di vento laterale. L’ala sottovento, infatti, avrà la fusoliera a fare da barriera impedendo di sviluppare la giusta portanza. Ma ci sono tre tecniche per aggirare il problema.

La prima è nota come crab e prevede che si mantenga all’insù e leggermente controvento la prua. La seconda, invece, è nota come de-crab e prevede che si allinei il velivolo con la pista poco prima del contatto con il suolo. La terza, invece, è nota come one wing low e prevede che si intervenga sugli alettoni, in senso opposto, per annullare lo scarrocciamento. Non sempre, però, si può atterrare. Prendendo a esempio un Airbus A330, c’è il limite a 40 nodi purché la pista sia asciutta, e a 27 nodi in caso di pista bagnata. Fermo restando che, poi, molto dipende anche dall’effettiva bravura dei piloti.

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